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Un altare per la madre Garzanti Collana Narratori Moderni: Collana Gli Elefanti: Collana Letture per la Scuola Media: Collana I Premi Strega: Edizione Club degli Editori: 1978, 1995, 1996. Edizione Euroclub (l'intero ciclo degli ultimi): 1979. Edizione Tea (tascabile) 1997, con post-fazione di Giancarlo Ferretti Collezione Premio Strega / I 100 capolavori Collana Novecento, Garzanti, 2013
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Il romanzo è la conclusione ideale di quello che Camon ha intitolato «il ciclo degli ultimi», in cui un mondo contadino immobile da sempre rivive nella sua miseria e grandezza. Da questa matrice terrestre l'autore approda ora, per trasfigurazione di amore, mediazione di memoria e per virtù di poesia, a un sentimento dell'immortalità che trova il suo simbolo e segno nell'altare di rame costruito per la madre. E' il padre che lo erige, ma è il figlio che ne registra la nascita, costruendo a sua volta un «altare di parole», il libro appunto, che consentirà alla madre di «smettere di morire». Dolcissima testimonianza d'amore, è questo un romanzo che potrà essere letto e sentito a diversi livelli, ma che soprattutto coinvolge con un'intensa religiosità di timbro tolstoiano. Una scrittura compatta e tesissima, epica ed elegiaca, dà al libro la severa unità delle opere che restano.
«Penso ad Aurora di Murnau, dove
il mondo contadino americano è visto da un tedesco, da
un confinante di Camon, con effetti straordinari di mistero
(...). Così, severo ma con un giusto di dolcezza, il
volto della "madre" di Camon è degno di quello delle
madri di Cima da Conegliano, pittore non veneziano, veneto di
terraferma».
Attilio Bertolucci
"La Repubblica"
«Attenzione: capolavoro».
Angelo Rinaldi
"L'Express"
«L'opera di un Levi-Strauss che ha prestato
la sua penna a Faulkner».
Hector Bianciotti
"Le Nouvel Observateur"
«Un'opera d'arte sublime».
Raymond Carver
«Camon raggiunge i suoi risultati ora con
le sue grandiose violenze sul reale (e si pensa a Rabelais,
al Ruzzante, all'Aretino), con la sua sintassi avvolgente, barocca
e infinita, ora con osservazioni piccole e puntuali, mimate
sull'elementarità strutturale del linguaggio contadino.
Che Camon abbia, come nessun altro, il dono della scrittura,
è però cosa risaputa. Vogliamo indicare piuttosto
una novità autentica di questo racconto: vale a dire
il recupero dell'etica cristiana che è stata alla base
di quella civiltà e di quella cultura».
Luigi Baldacci
"Il Gazzettino"
«Qui non sono più, come in Foscolo,
i "forti" o i "prenci" a farla da protagonisti, lo è
un'umile donna espressa dal mondo contadino, un'"ultima" appunto,
qualcuna che non viene dalle pagine dei classici, viene dritta
dai Vangeli; e questo ci aiuta a capire come mai, pur nascendo
da diversi cieli e pur tra tante differenze, la protagonista
del libro di Camon ci appaia, ad esempio, sorella della Diodata
del Mastro don Gesualdo; ma soprattutto ci guida, per
sentieri tolstoiani, sulle tracce d'un'altra indimenticabile
creatura anch'essa di matrici contadine e cristiane, quella
Matrjona di cui Solzenitsyn scrive, a conclusione del suo racconto:
"Le eravamo vissuti tutti accanto e non avevamo compreso che
lei era il Giusto senza il quale, come dice il proverbio, non
esiste il villaggio. Né la città. Né tutta
la terra nostra". È un racconto non solo bello e forse
perfetto questo di Camon, ma dei più altamente religiosi
che io abbia letti negli ultimi tempi».
Mario Pomilio
"Il Mattino"
"Nostro Tempo"
«Libro sorprendente e straordinario. Un
libro sacro».
Guido Sommavilla
"Letture"